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L’ultima intervista a Walter Nones: “I miei momenti più belli e le sfide che il Circo deve affrontare”

Quella che segue è l’intervista che Walter Nones concesse a “Circo” nel 2007. Parlò dei suoi inizi, della prima volta in gabbia, delle sensazioni uniche “dello stare con i felini”, dei suoi “maestri”, dei successi delle principali produzioni, della tutela del marchio Orfei, del Cirque du Soleil e delle emozioni più belle vissute come marito e padre.

di Alessandro Serena

Walter Nones con Enis Togni, Palmiri e Franco Bruno ad una riunione all'Agis di Roma.
Walter Nones con Enis Togni, Palmiri e Franco Bruno ad una riunione all’Agis di Roma

Sei figlio di madre circense e padre fermo. Cosa ti ha fatto propendere per il viaggio?
Mia mamma, Adele Medini, era di un’antica famiglia di circo, mentre mio papà Giuseppe era un ginnasta che si era unito al circo come acrobata, ma una volta sposato aveva deciso di fermarsi a Trento per svolgere il suo mestiere, l’intarsiatore di mobili. All’epoca eravamo tre fratelli, con Guglielmo e Loredana. Io frequentavo l’istituto dei salesiani e nel poco tempo libero, la sera, sgattaiolavo per andare con Guglielmo ad esercitarmi con il padre di Pablo Marcantoni, grande esperto di mano a mano.
A scuola a giugno veniva organizzata una recita di fine anno, ogni ragazzo si esibiva in qualche piccola performance di poesia, recitazione, canto, danza. Io ero nel gruppo del teatro, ma avevo scelto di esibirmi come giocoliere, una mia grande passione, nonostante l’espresso divieto di mio padre verso qualsiasi “ritorno al circo”. Così quella sera per lui fu una sorpresa dolce e amara nello stesso tempo, che provocò una prima reazione piuttosto brusca. Ma la notte porta consiglio: la mattina seguente ci fece fare le valigie e tornammo tutti insieme alla vita itinerante. Aveva capito che la passione che muoveva me e i miei fratelli era difficile da spegnere.

walter-nones-assemblea-encQuando sei entrato in pista per la prima volta?
Diciamo che ho avuto molte prime volte. La decisione di mio padre ci portò nelle Puglie, dove ci unimmo ai Forgioni per circa un anno. Lì entrammo in pista per fare un po’ di tutto. Saltare alla battuta, il trampolino, il giocoliere, come in ogni circo di famiglia. Al termine dell’ingaggio salimmo al nord per raggiungere i Caveagna. Lì cominciammo a fare già qualcosina in più e soprattutto incontrammo Texas che, a dispetto del nome, era un olandese dal quale apprendemmo le basi del numero acrobatico a tre. Dopo una permanenza in alcuni altri circhi decidemmo di fermarci per un periodo a Milano per prendere lezioni di danza e creare una coreografia più curata. Io intanto mi esibivo qua e là come giocoliere, ispirato dall’elegante Angelo Piccinelli, ma lontano dal raggiungerne il livello. Una volta pronta la nuova versione del trio debuttammo su di un palcoscenico importante, quello del Teatro Smeraldo. Per fortuna l’esito fu positivo e ci portò le prime buone scritture in Italia e all’estero e partecipazioni a diversi programmi televisivi come Rascel La Nuit, fino ad essere scritturati per Ok Fortuna, uno spettacolo di rivista con Wanda Osiris, Gino Bramieri e Raimondo Vianello.

Walter Nones seduto a fianco di Liana Orfei alla assemblea generale 2011 dell'Ente Nazionale Circhi
Walter Nones seduto a fianco di Liana Orfei alla assemblea generale 2011 dell’Ente Nazionale Circhi

E poi c’è stata la prima volta in gabbia.
Un’altra grande passione. Nata quando ero un giovanotto di circa 17 anni e durante le vacanze frequentavo il circo di mio zio Caveagna, dove ho conosciuto Riccardo Togni, fratello di Tete e Ugo che aveva un numero di leoni ed era uscito da un po’ di casa. Mi affascinava il suo lavoro. Un giorno gli nacquero dei cuccioli e gli chiesi di poterli acquistare, ma lui voleva darmi piuttosto le leonesse adulte, che a me spaventavano all’epoca. Non ne facemmo nulla, ma l’innamoramento per l’arte era già cominciato.
In seguito, nel 1961, ai tempi della società con Renato Medini ed Hella Swoboda, scritturammo Charlye Baumann, a mio parere un grande ammaestratore. Da lui mi feci aiutare per montare un numero con dei leoni che mi ero procurato da “Ciccio” Niemen, al quale avevo donato un bel carrozzone bar. Così, con questo strano baratto, iniziai la mia carriera da ammaestratore. Era il 1962 e continuai senza mai fermarmi per circa vent’anni, quando decisi di lasciare il posto a mio fratello più giovane, Massimiliano Giuseppe, per il nuovo numero di dodici tigri che stavamo preparando e che avrebbe poi vinto il Clown d’Oro a Monte Carlo.

Da qualche tempo, però, sei tornato in gabbia. Che sensazione hai provato?
Ho fatto un calcolo: sono rientrato in gabbia a circa quarant’anni dal debutto. È stata una bella sensazione. Prima di tutto rassicurante per quanto riguarda la mia forma fisica, che ho constatato reggere ancora. E poi, soprattutto, ho potuto ritrovare tutte le sensazioni dello stare con i felini, sentire le reazioni degli animali, guardarli negli occhi, guadagnarsi la loro fiducia e poi, ovviamente, anche quella del pubblico.

Walter Nones affranto al funerale di Moira
Walter Nones affranto al funerale di Moira

Sei considerato fra i più importanti direttori di circhi italiani. Un modello per molti. Chi sono stati in gioventù i tuoi punti di riferimento?
Nel 1953 mi trovavo a Milano ed ebbi modo di vedere a Porta Genova il Circo Nazionale Togni, davvero notevole. In seguito fummo anche scritturati per un breve periodo che ricordo con molto piacere. Altra impresa dei Togni, di Enis stavolta, fu la creazione del Circo Americano, che mi fece una grande impressione. E un altro Togni ancora, Cesare, aveva avuto l’idea di un palcoscenico tutto in vetro, illuminato dal basso. Avemmo la fortuna di lavorarci con il trio, davvero un bell’effetto. Una fortuna duplice perché ci vide Egidio Palmiri che ci scritturò per due anni di tournèe estiva. Così ebbi modo di conoscere bene il circo Palmiri. La misura non era colossale ma l’ambiente era portato in maniera eccezionale. Forse perché Palmiri era stato in tournèe all’estero ed aveva assimilato un sistema moderno e diverso rispetto alla realtà italiana, fatto sta che si stava di una meraviglia. Fra l’altro c’era un gruppo notevole di giovani artisti, i Larible, Nicolodi, Maacagi, Merzari, Gottani, Larible, Macagi, Merzari, Murillo, Nicolodi, una compagnia di un certo rilievo. Con una grande armonia anche fra i reparti tecnici ed amministrativi. Del resto la coppia Egidio Palmiri e Leda Bogino era davvero ben assortita, una figura completava l’altra. Vigeva una disciplina ferma ma cordiale che non ho mai più incontrato in seguito. Davvero un punto di riferimento importante.
Un’altra figura che ho molto ammirato era Karl Sembach Krone, direttore di uno dei circhi più importanti d’Europa. Ricordo che nel 1973 quando mi trovavo in tournèe in Germania con il Circo sul Ghiaccio venne allo spettacolo. Io mi sentivo emozionato come uno scolaretto, dopo lo show fece un giro del circo dentro e fuori e poi, al momento dei saluti mi disse: “Alla mia età pensavo di non avere più nulla da imparare. Mi devo ricredere perché da voi ho visto alcuni spunti interessanti”. Probabilmente si trattava di una frase di circostanza, ma devo confessare che ne fui lusingato.

Walter Nones intervistato a Striscia la notizia
Walter Nones intervistato da Striscia la notizia

Quali sono stai i momenti salienti della tua carriera di direttore?
Il nostro mestiere, più di tanti altri, è fatto di alti e bassi, di grandi successi e di enormi difficoltà. Molto raramente di relax. Il mio percorso non si sottrae alla regola. Ricordo momenti importanti come la permanenza a Milano nel 1968 con uno spettacolo che ancora adesso ritengo molto forte e con un ottimo successo di pubblico e di critica. Dopo soli quattro anni dall’apertura eravamo riusciti ad entrare nel giro dei “grandi”. E l’anno successivo avremmo creato il “Circo sul Ghiaccio”. Davvero bei momenti, ma ricordo con particolare intensità un episodio più marginale. Accadde nel dicembre 1963 a Sestri Levante, avevamo aperto sette mesi prima, ad aprile e non riuscivamo ad ottenere buoni risultati. Quel giorno fu il primo “tutto esaurito” del nostro circo. Pensai: “Allora si può fare”, e mi tirai su di morale. Non ho mai dimenticato quella sensazione di sollievo.
Voglio ancora ricordare quelli che sono stati i momenti più belli legati alla mia vita privata. Il matrimonio con Moira e la nascita di Stefano e Lara, con i relativi battesimi in gabbia e con un cucciolo di elefante.

E’ stato importante tutelare il marchio Orfei?
Alcuni anni fa, io e il signor Palmiri stavamo conversando con il Dottor Bruno, allora presidente dell’Agis. Commentavamo la diffusione di finti circhi Orfei che stava iniziando proprio allora. Io dissi che si sarebbe dovuto trovare un rimedio immediato altrimenti l’intero circo italiano ne avrebbe sofferto. Avrei preferito sbagliarmi, ma purtroppo i fatti mi hanno dato ragione. La diffusione del nome è stata tale che ad un certo punto sui muri di tutta Italia, da Bolzano a Palermo, c’erano manifesti col nome Orfei. È un dato storico che gli Orfei e i Togni abbiano contribuito in un certo periodo a far grande il circo in Italia. Certo ci sono stati anche altri molto in gamba, ma indubbiamente nel dopoguerra questi nomi hanno portato grandi spettacoli. Sono i due nomi che maggiormente il pubblico associa al circo.
In seguito purtroppo molti “Orfei”, verificando che riuscivano a cavarsela in quanto ad incasso, hanno cominciato a spostarsi in centri importanti, in capoluoghi di regione, luoghi abituati a spettacoli importanti. Penso al Circo delle Amazzoni, a Cesare Togni, a Liana Nando e Rinaldo, all’Americano, al Circo sul Ghiaccio. E che ad un tratto andavano a vedere un Orfei e assistevano a ben altri spettacoli. E così il bacino degli spettatori si è prosciugato e ha reso impossibile per gli imprenditori continuare a circuitare grosse produzioni. Mentre il numero dei circhi Orfei continuava ad aumentare. Io provavo a spiegare ai colleghi che non era producente, ma senza risultati. Alla fine ho trovato il modo di tutelarmi difendendo il marchio, soprattutto dopo una decisione presa dal consiglio direttivo dell’ENC e concertando in pratica tutta la strategia con il presidente Palmiri.
Ho difeso, certo, i miei interessi, ma ritengo anche quelli della intera categoria. È stata ed è una battaglia lunga e faticosa. Per questo ora sono dispiaciuto che tocchi al nome Togni riprodursi, utilizzato da complessi che non ne rispecchiano il valore. Possono essere anche complessi discreti ma mai paragonabili ai nomi citati poco fa e il loro moltiplicarsi arrecherà un grave danno all’intera categoria.

Con Moira e Alain Frére
Con Moira e Alain Frére

Come vedi la situazione del circo italiano attuale?
Non bene. I problemi sono annosi e ben noti agli addetti ai lavori. Quello più evidente mi pare il rapporto con i comuni per il reperimento delle aree e per le normative di installazione e richiesta di autorizzazione al lavoro. È noto che lo Stato italiano è stato il primo in Occidente, nel 1968, ad emanare una legge, la 337, che riconosce la funzione sociale del circo e nella quale fa riferimento alla necessità di aree attrezzate in ogni comune. Questa indicazione però non è stata rispettata che da una manciata di amministrazioni. Non dalla stragrande maggioranza che per contro adottano dei regolamenti spesso scritti con superficialità e scarsa conoscenza della materia. I complessi incontrano difficoltà incredibili. La notorietà e l’affetto di cui gode Moira presso il pubblico ci permette a volte di ottenere l’attenzione delle autorità ma in ogni caso è davvero difficile lavorare in queste condizioni.

Cosa si potrebbe fare per migliore la situazione?
Credo agire in due direzioni. Da una parte una strategia precisa di risanamento dell’immagine, attraverso, magari, campagne pubblicitarie o altro. Dall’altra un lavoro fermo e deciso con le amministrazioni comunali. È lì che sta la maggior parte dei problemi. Ovviamente gli associati dovrebbero di conseguenza dotarsi di un codice di comportamento rigido e rispettarlo alla virgola. Altrimenti i regolamenti saranno sempre più duri e renderanno impossibile esercitare la nostra professione.

Il successo del Cirque du Soleil anche in Italia un segnale di qualche tipo?
Io sono convinto che il buon esito di fenomeni come il Cirque du Soleil che costruiscono i propri spettacoli sulle discipline circensi, debbano incoraggiare gli imprenditori italiani. Perché questo buon esito non è altro che una conferma dell’amore del pubblico per il circo. È il segnale che bisogna lavorare bene, anche dal punto di vista del marketing e delle relazioni pubbliche per tornare a soddisfare i milioni di italiani che hanno voglia di buon circo. Con Moira abbiamo visitato Roma dopo poche settimane dal passaggio del Soleil ed abbiamo riscosso un ottimo risultato.

Guglielmo, Loredana e i due fidanzati di fresco Moira Orfei e Walter Nones in visita al Circo Price di Madrid
Guglielmo, Loredana e i due fidanzati di fresco Moira Orfei e Walter Nones in visita al Circo Price di Madrid

Quali sono i segreti di un direttore di circo?
Non credo ci siano particolari segreti. Le tecniche per fare un buon circo sono sotto gli occhi di tutti. La numero uno è prendere sul serio la propria professione e l’opinione del pubblico. Pensare alla semina e non al raccolto. Ma devo dire che non mi sembrano molti, oggi, gli esercenti che si ripropongono di seguire queste semplici regole con passione e perseveranza. Anche per quanto riguarda la creazione dello spettacolo non credo di avere, e non credo serva, uno straordinario talento. L’importante è mettersi in gioco con grande passione, seguire ogni particolare con entusiasmo. Rispettare il pubblico ed i suoi gusti. Non fare il circo solo per guadagnare la pagnotta. Certo non c’è niente di male a farne una professione. Il lavoro, anche il più umile, va rispettato. Però a mio parere il denaro deve essere il frutto del lavoro, non lo scopo. Il nostro scopo è divertire il pubblico. Il denaro, se si saprà fare bene, verrà come frutto di ciò. Invece mi pare che molti abbiano il guadagno come scopo e lo spettacolo come conseguenza. Un ragionamento sbagliato.

L’intervista a Walter Nones è stata pubblicata sul mensile Circo, luglio 2007.