di Alessandro Serena
Il bello dei festival è la possibilità, per il pubblico ma anche per gli operatori, di poter assistere a più show in un breve lasso di tempo. Ecco spiegato semplicemente il fascino del Fringe Festival di Edimburgo, la più grande manifestazione al mondo di spettacoli dal vivo. Per un mese, ad agosto, la capitale scozzese ospita più di tremila rappresentazioni al giorno; non c’è praticamente nessun angolo della città dove non sia possibile assistere a un’esibizione, sia essa di teatro, di stand-up comedy o di danza. E, naturalmente, in questo enorme contenitore multiforme c’è anche molto circo.
Il 2024 ha confermato l’estrema rilevanza di questo festival, proponendo show da tutto il mondo, differenti per genere, formato, intenzioni, ognuno dei quali ha dimostrato ancora una volta come il circo e le arti a esso affini godano di un’ottima salute. Il breve resoconto qui riportato copre solo alcuni spettacoli, senza nessuna pretesa di esaustività né di classificazione, volendo solo dare un piccolo accenno alla varietà riscontrabile nella programmazione.
La rivelazione dell’anno scorso è stata senza dubbio Ten Thousand Hours degli australiani Gravity and Other Myths. Mentre gli spettatori entrano in sala, gli otto performer (sei uomini e due donne) sono già in scena a scaldarsi. Un enorme timer fa partire un countdown da 10.000 e nel corso dello show andrà avanti e indietro seguendo il ritmo degli interpreti, che lentamente cominciano qualche esercizio. È subito chiaro che lo stile è quello informale e apparentemente abbozzato di Humans (il capolavoro della compagnia Circa, loro conterranea) dove i numeri nascono quasi per caso, come durante delle prove; colonne a due che si passano il secondo elemento, un acrobata in cima a una terza colonna che si sposta su altri due colleghi, salti dalla seconda colonna alla terza e altri passaggi simili. Man mano che lo show prosegue, i trick si fanno più impegnativi ma anche più originali. Lo schermo diventa un tabellone che conta quante volte gli esercizi riescono e quante no; tra gli esercizi di verticalismo più notevoli, quello che vede due artisti in verticale sulle mani su due casse che tengono coi piedi una performer appesa a testa in giù. I protagonisti sono molto rilassati, si concedono risate, battute col pubblico. Si fanno tentativi, si sbaglia, ci si incoraggia a vicenda, tra prese impossibili e atterraggi in equilibrio precario. L’interazione con la platea assume un ruolo importante: ad un certo punto, il batterista che accompagna l’intera rappresentazione chiede a uno degli artisti di fare una sorta di breakdance in più “modi”, ad esempio “come una tigre”, poi accetta suggerimenti dal pubblico (“Fallo come un robot!”, “Una gallina zombie!”); in un altro spezzone, forse il più peculiare dell’intero show, uno spettatore viene portato sul palco e gli fanno disegnare su un foglio le composizioni acrobatiche contorte che un gruppo dei performer sta facendo; la parte del cast che non ha visto quali posizioni hanno assunto i colleghi devono poi provare a ricostruirle a partire dal disegno fatto dallo spettatore. Un bel momento comico, che si conclude con il membro del pubblico che disegna una posizione a caso e gli artisti devono provare a imitarla.
Col suo connubio tra ricerca e immediatezza, Ten Thousand Hours ha convinto pubblico e critica e sarà in cartellone al Fringe anche questo agosto.
Rimanendo nell’ambito della sperimentazione, il 2024 ha visto esibirsi anche Wes Peden, considerato tra gli innovatori della giocoleria contemporanea. Il suo Rollercoaster è un omaggio alle montagne russe (intese come forma di divertimento per milioni di persone), realizzato attraverso una serie di esperimenti con gli elementi tipici di questa disciplina circense. L’artista americano comincia lo spettacolo attorcigliandosi un tubo sul corpo e catapultandoci dentro le palline come se fossero carrozze di montagne russe costruite sul suo corpo; gli avvitamenti sempre più complessi avvicinano l’esibizione al genere contact. Si passa poi ad altre tipologie di giocoleria: dagli 8 cerchi, lanciati in ogni modo, alle palline gettate in arie distreggiandosi tra grossi tubi gonfiabili, fino ai patti, fatti girare sui bastoni. In un lungo passaggio dello spettacolo in cui giocola cinque clave, quando sbaglia si ferma e si cimenta in un numero bizzarro: ad esempio giocola bastoni con legati nastri oppure una palla, un ombrellino, delle freccette che cerca di far finire precisamente sul bersaglio. Un’idea molto divertente per accettare l’errore e allo stesso tempo per rilanciare la sfida.
La cifra stilistica di Peden è la folle leggerezza con cui approccia la disciplina, senza rinunciare all’intensità espressiva e al virtuosismo, quest’ultimo però cercato per amore della gioia che esso provoca.
Più classico come impostazione, Corazón è lo spettacolo che ha segnato il ritorno di Circolombia al Fringe. Una serie di numeri tenuti assieme da un sottile filo conduttore dettato soprattutto dalle immagini evocate. Il palco circolare dello spiegeltent dove è messo in scena è coperto da un tendaggio rosso che, se si alza lo sguardo, si scopre essere in realtà l’enorme gonna di un’artista posta a diversi metri da terra. Lì si alterneranno un uomo mosca, appeso per i piedi, che litiga a testa in giù con una acrobata anch’essa capovolta, un mano a mano, due numeri di cinghia, una ruota cyr al femminile, volteggi appesi per la bocca e giri completi attorno al trapezio che impressionano la platea. La messa in scena, forse un po’ sincopata, con transizioni complicate dall’allestimento degli attrezzati, vive di atmosfere cupe e sensuali e della presenza carismatica di una cantante dal vivo.
Accanto a spettacoli come quelli appena citati, il Fringe programma anche show di teatro fisico, clownerie, mimo. A metà strada tra tutti questi generi è Live manga, dei Gabez, due comici giapponesi che in patria sono delle vere star, grazie anche alla loro partecipazione alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo nel 2022, durante la quale hanno re-interpretato col proprio corpo i pittogrammi e i simboli dei vari sport. Nella performance allestita a Edimburgo la coppia diverte con gag fisiche interpretate sui toni dell’esagerazione, che trasforma questi artisti in fumetti viventi, giocando sui classici della comicità: incomprensioni, litigi, cadute e stramberie.
Tutt’altre dinamiche intercorrono tra i protagonisti di Oh Oh della compagnia svizzera Baccalà, ovvero Camilla Pessi e Simone Fassari, veterani di questa forma d’intrattenimento. La loro relazione in scena è poetica e ne deriva uno spettacolo leggero ma non scanzonato, delicato senza essere lirico, in cui gli sketch fisici strappano sorrisi sognanti: il buffo tentativo di sfilarsi le giacche, il giocare con una musica che ogni tanto si blocca, il mettersi alla prova centrando dei cestini con delle palline o il salto coordinato di una corda ci raccontano di una coppia di innamorati che si cerca e si fa i dispetti. Tra i momenti che rimangono impressi, lo schioccare delle dita del pubblico che diventa il rumore della pioggia e il finale in cui Fassari suona la tromba tenendo sul capo Pessi che suona la fisarmonica a testa in giù.
Il circo è sempre stata l’arte più sfaccettata, capace di incarnarsi in numerosissime declinazioni. Il Fringe di Edimburgo è il luogo ideale dove può esprimere questa infinita potenzialità.