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La Cavalchina si tinge di Skin in versione garibaldina

La cantante inglese Skin fa la sua entrata a cavallo

La sorpresa è continua. Stupisce ogni volta che il mondo del Circo riesca ad essere protagonista, con alcuni dei suoi migliori interpreti, sul prestigioso palcoscenico del Gran Teatro La Fenice di Venezia.
Era una scommessa. Portare il Circo, il Circo con la C maiuscola, nel tempio prestigioso della musica colta, per la festa-spettacolo della Cavalchina, l’evento più prestigioso del Carnevale di Venezia, poteva sembrare un azzardo. Lo era. Ma il rischio e l’azzardo si sono trasformati in un grande successo internazionale. Era successo fin dalla prima edizione della “nuova” Cavalchina, cinque anni fa, ed è successo anche quest’anno.
Gregory Ancelotti
La sera di sabato 5 marzo, in un teatro gremito di ospiti in costume, tra molti personaggi illustri, con la platea liberata dalle poltroncine, artisti circensi come Gregory Ancelotti, Katrina Asfardi, Alessio Fochesato, hanno saputo dare allo spettacolo un’impronta unica e originale, che lo ha segnato di un marchio indelebile sin dalla nascita, e che lo contraddistingue da ogni altro evento.
Merito del Sovrintendente, Cristiano Chiarot, che ha creduto sin dal principio nel valore di questo inedito “sposalizio” fra il grande teatro lirico e le arti circensi, come dell’architetto di interni Matteo Corvino, curatore generale della serata. Al regista Antonio Giarola, unitamente a chi scrive, il compito di selezionare e dirigere, come ogni anno, i “numeri” dello spettacolo. A cominciare da quella innovazione, inaugurata dal celebre écuyer francese Mario Luraschi, che è ormai diventata il “marchio” dell’evento: l’ingresso in teatro di un cavallo vero, a suggellare in modo indelebile, con le evoluzioni equestri in alta scuola sul palcoscenico, il binomio Cavalchina-Cavallo.
Katrina Asfardi al suo pianoforte volante
Sul palcoscenico del teatro si sono alternati, in questi cinque anni, alcuni tra i più celebri artisti circensi in campo internazionale, come David Larible, The Pellegrini Brothers, Oleg Izossimov, Los Manducas, Arno, Mister Boul, Snegina Nedeva, The Golden Power, e moltissimi altri. Quest’anno è toccato al “pianoforte volante” di Katrina Asfardi sorprendere il pubblico. L’artista lettone, acrobata e danzatrice, che lavora nel team dell’acrobata svizzero Kai Leclerc, ha presentato un numero sensazionale che unisce contorsionismo e acro-dance ai sorprendenti effetti speciali di un pianoforte bianco che “vola” davvero sul palcoscenico, inanellando un completo “giro della morte” con la pianista che rimane al suo posto continuando imperterrita a suonare mentre volano gli spartiti insieme alle code del suo frac e all’acqua che si rovescia da una bottiglia appoggiata sul piano.
Alessio Fochesato
Altrettanto delicato e sorprendente il “numero” dei pappagalli di Alessio Fochesato, un artista italiano che ha lavorato in circhi importanti, come in quello di Moira Orfei, e che ha avuto la soddisfazione di arrivare, tra i pochissimi nel suo genere, alla prestigiosa ribalta del Festival di Montecarlo. I suoi grandi e colorati esemplari, oltre a giocare e danzare sul palco, hanno inanellato una serie di voli vorticosi, singoli, a gruppo e incrociati, lungo tutto il perimetro della grande platea del teatro, lasciando interdetti e col naso all’insù gli spettatori, per poi tornare docili fra le braccia del proprio addestratore.
A un altro italiano, il cavallerizzo Gregory Ancelotti, il difficile compito di non far rimpiangere il grande Mario Luraschi. Artista giovane, già apprezzato nei gala di Horselyric a Fieracavalli e nello spettacolo equestre “Zorro”, entrato l’anno scorso nel Guinnes dei primati per aver battuto il record di distanza percorsa da un cavallo sui soli arti posteriori, si è superato con due eccellenti performances. La prima, all’inizio della seconda parte dello spettacolo, quando ha attraversato la sala in sella al suo stallone grigio di pura razza spagnola ed è salito sul palco dove ha alternato la vivacità del “passo spagnolo” a una serie, applauditissima, di piroette, e la seconda, in chiusura di spettacolo, quando ha portato in sala su un bellissimo cavallo albino dagli occhi azzurri, la cantante Skin ed ha concluso la sua esibizione uscendo dalle quinte, sempre a cavallo, in divisa da garibaldino con una grande bandiera tricolore in mano, mentre per festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia venivano proiettate sullo schermo le immagini del film Senso di Visconti, suonava l’inno di Mameli e dal loggione venivano lanciati, insieme a scoppi di coriandoli, migliaia di volantini bianchi, rossi e verdi.
Una vera e propria festa del Circo, quello con la C maiuscola, nel segno delle arti equestri e dell’acrobazia. Una festa del circo che – il sovrintendente l’ha già annunciato – verrà non solo replicata l’anno prossimo ma arricchita di nuovi e sensazionali numeri. Perché fa bene non solo al teatro, che si apre artisticamente verso nuovi orizzonti, ma fa bene anche al Circo, che da un palcoscenico così importante vede riconosciuta a pieno titolo la nobiltà delle sue origini e la sua statura culturale. Quella che alcuni sprovveduti si ostinano a negare.
Roberto Bianchin