Il romanzo di Sara Gruen Acqua agli elefanti ha una pecca, quella di trattare di una storia d’amore abbastanza banale. Ma possiede anche il pregio di averla inserita in un contesto particolare, il circo, sapientemente reso in tutta la sua stra-ordinarietà.
Il film del regista Francis Lawrence, tratto dal suddetto romanzo, ricalca più o meno lo stesso schema, esasperando ovviamente i bianchi e i neri del bene e del male. Prendendosi qua e là, come da copione, delle licenze poetiche.
In ogni caso, ciò che viene trasmesso a proposito del circo, all’interno dello chapiteau, è un mondo colorato, patinato, allegro e non manca di far sorridere. Gli appassionati possono anche riconoscere quanto tutto sia ben documentato, anche nel più piccolo dettaglio sia estetico che di contenuto (all’inizio, in una veloce presentazione dei vari numeri proposti dal Circo Benzini, si intravede un domatore nel quale i più esperti ravviseranno lo stile di Clyde Beatty). Spesso viene citato il nome dei Fratelli Ringling, nome probabilmente sconosciuto ai profani.
Anche le regole e l’etica che vige in un circo sono ben esposte, a partire dal gergo usato sino ad arrivare a illustrare la gerarchia: tutti sottostanno al capo, ma sotto al capo e prima di tutti gli artisti ci sono gli animali. Perché, viene ricordato nel film, “se gli animali mangiano carne avariata sai cosa mangiano gli uomini? Niente”.
E’ un animale a dare il titolo al film, a essere il “galeotto” che fa sbocciare l’amore tra Jacob e Marlena e a consumare la vendetta finale: l’elefantessa Rosie, davvero maestosa.
Per quel che riguarda la rappresentazione del mondo che vive dietro al grandioso spettacolo dei Fratelli Benzini si entra nel torbido: la vita difficile degli operai, il sadismo di un perfetto cattivo che non ci pensa due volte a “far vedere rosso” (in gergo: a sbarazzarsi) delle persone divenute scomode. Una vita che sicuramente non manca di essere rappresentata, nella sua rudezza, in maniera anche veritiera; ma, come manicheismo e melodrammatico dettano, possiede quella punta in più di violenza che dà colorito alla storia. Il cattivo in questione, marito di Marlena, direttore del circo nonché detentore delle fila della vita di tutti gli uomini (e degli animali) presenti sui carrozzoni è August Rosenbluth (Christoph Waltz). Nel libro è descritto come un uomo dotato di un incredibile fascino, direttamente proporzionale al suo lato oscuro e violento ottimamente interpretato dall’attore che ben esprime questa caratteristica.
Sul fascino nulla da dire, nel senso che non esiste, pertanto non se ne può parlare. Un po’ come per la bellezza angelica di Marlena.
Ma gli stereotipi scorrono comunque e, arrivati verso la fine, la maestria hollywoodiana non manca di colpire con una sequenza dinamica e di impatto che vede il serraglio impazzito decretare il fallimento del Circo Benzini, tanto spettacolare dall’essere paragonato nella finzione della storia al disastro di Hartford. Anche quello un’altra storia, solo del tutto vera.
A seguire un tranquillo lieto fine condito da immagini e filmini tratti dall’album di famiglia, una famiglia sui generis come potrebbe esserlo quella composta da genitori, cinque figli, sette cavalli e un elefante.
Per un paio d’ore si vedono un bel po’ di cose già viste e già fatte, inframmezzate da momenti divertenti e anche di pathos, tutto condito da una perfetta ricostruzione filologica. Ma, come spesso succede, tra libro e film è molto facile operare una scelta.
Stefania Ciocca