di Francesco Mocellin
Francesco Mocellin, presidente del Club Amici del Circo e rappresentante dell’Ente Nazionale Circhi presso l’European Circus Association ci parla di tutte queste sigle. Della loro storia, delle loro funzioni e di come si strutturino come collegamento imprescindibile fra il settore e la società civile.
L’arte circense declinata in forma di spettacolo organico ha conosciuto diverse fasi, sia sotto il profilo estetico, sia dal punto di vista del rapporto con la società, argomento – quest’ultimo – che qui ci interessa. A cavallo tra Otto e Novecento il circo si colloca socialmente ai vertici dell’intrattenimento, al pari del teatro colto, dell’opera, della musica. Le metropoli europee vantano quasi sempre degli edifici in muratura progettati e costruiti con sfarzo appositamente per gli spettacoli circensi. In Italia, come noto, il fenomeno assume connotazioni diverse con il politeama, ovvero un sito polivalente che anche il circo utilizza. Ma in tutti i casi, in quell’epoca, le arti della pista si collocano principalmente nel cuore delle città, in luoghi prestigiosi e la società tutta – incluso il “bel mondo” – corre ad assistere a queste rappresentazioni cui vengono dedicate recensioni approfondite sui principali organi di informazione con la letteratura e l’arte figurativa che saccheggiano a piene mani l’immaginario circense. Quando il circo inizia a viaggiare, utilizzando in modo sistematico chapiteau anche di grandi dimensioni per avvicinarsi in modo più capillare agli spettatori raggiungendoli anche in realtà urbane più modeste, inizia una sorta di processo inverso per quanto riguarda le attenzioni dei media, degli intellettuali e della società in generale. Stiamo ovviamente semplificando un fenomeno che si articola in modo assai più complesso ma, tant’è: dalla seconda metà del Novecento il circo sembra assumere le connotazioni di uno spettacolo sempre più popolare ma con meno appeal per i media e con gli intellettuali che tendono a rinchiuderlo nel recinto del mero intrattenimento per famiglie o addirittura per bambini. È così che – a catena – si accavallano diversi fattori: si scrivono recensioni meno qualificate e spesso agiografiche, i nomi delle grandi insegne e degli artisti si perdono in un generico “andiamo al circo” senz’altra specificazione, le municipalità tendono a marginalizzare sempre più lontano dai centri delle città le aree destinate agli spettacoli viaggianti, si propende per relegare il circo in una dimensione folklorica e stereotipata. Per contro, d’altro canto, le imprese circensi sembrano quasi assecondare questo trend e la gente del viaggio si difende in alcuni casi chiudendosi orgogliosamente “dentro ai cancelli”. È in questo contesto che, con oggettiva lungimiranza, alla fine degli anni ’60, Egidio Palmiri, già presidente dell’Ente Nazionale Circhi – ovvero dell’unica organizzazione di natura sindacale riservata alle imprese circensi nell’Europa Occidentale di allora – matura l’idea, sostenuto dal direttivo del tempo, di dar vita ad un’associazione di appassionati, esterna alle imprese del settore, con conoscenze approfondite della materia in grado di tracciare una sorta di trait d’union tra il mondo del circo e la società. La denominazione di Club Amici del Circo (C.A.de.C.) – fondato poi nel 1969 – non è stata causale perché richiamava il modello anglosassone dei circoli esclusivi per significare che i soci costituivano una sorta di élite.
In realtà, la dimensione esclusiva non assumeva connotazioni di tipo sociale ma derivava dal knowledge in tema circense che ogni appassionato possedeva e possiede, un bagaglio fatto di conoscenze dirette acquisite sul campo assistendo a centinaia di spettacoli, intrattenendo relazioni amicali con direttori, artisti, agenti di tutto il mondo, andando a caccia di memorabilia e gadget che spesso fanno delle case di molti Amici del Circo delle specie di piccoli musei. Questi tratti della passione si accompagnano con la mission del Club che si ispira al modello del Club du Cirque d’Oltralpe, ovvero quella di servire e fare conoscere la causa del circo in tutte le occasioni possibili. Il concetto di servire il circo si è concretizzato nel corso degli anni in una serie di operazioni di supporto pratico ai vari circhi sul territorio: dagli interventi a livello burocratico ed amministrativo presso le municipalità a quelli in difesa dell’attività quando questa viene messa in discussione. Quanto l’intuizione di Egidio Palmiri sia stata brillante lo testimonia il fatto che a distanza di 54 anni il Club gode di ottima salute e continua a testimoniare la passione per le arti della pista con lo stesso vigore. Restando in tema di intuizioni, parimenti luminosa è stata quella del Principe Ranieri III che sin dalla seconda edizione del Festival da lui stesso voluto fortemente cercò di riunire i direttori di circo con l’idea di fare squadra a livello sovranazionale. Ranieri III aveva in mente di far diventare il Principato la capitale mondiale del circo – cosa che effettivamente è accaduta come punto di riferimento ideale per tutti gli operatori del settore ed i circofili – proprio in un momento in cui uno dei paesi trainanti come la Francia viveva una profonda crisi del settore. Nel contempo, la categoria tutta avrebbe tratto giovamento dal fare lobby, dal riunirsi in una vera e propria associazione di carattere tendenzialmente sindacale che non guardasse ai confini nazionali. Lo stimolo del Principe trovò inizialmente una risposta piuttosto tiepida da parte dei direttori dei grandi complessi continentali. Va sottolineato come il carattere dell’attività circense – nonostante una solidarietà diffusa nei momenti emergenziali – sia contrassegnato da una scarsa propensione all’associazionismo per tendenza quasi naturale. I tempi divennero maturi nel febbraio 2002 quando a Monte Carlo nacque l’European Circus Association (in origine E.C.O. – European Circus Organization) alla cui fondazione partecipò anche Egidio Palmiri con lo scopo di affrontare le problematiche comuni alle imprese circensi del Continente portandole all’attenzione delle istituzioni dell’Unione Europea per valorizzare l’impatto socioeconomico del circo stesso; gli olandesi Robert Ronday e Arie Oudenes furono rispettivamente il primo presidente e segretario. Oggi l’E.C.A. è presieduta da Urs Pilz – direttore artistico del Festival – e raggruppa non solo circhi ma anche scuole di formazione, festival, associazioni di circofili – tra le quali lo stesso C.Ade.C. – et similia. Monte Carlo conferma la sua centralità, proprio come desiderato da S.A.S. Ranieri III, quando nel 2008 viene fondata la Federation Mondiale du Cirque con la presidenza onoraria della Principessa Stephanie (quella effettiva è in capo a Urs Pilz) che vede nelle sue fila non imprese o scuole singolarmente intese ma realtà organizzative nazionali a livello mondiale. La mission è quella della promozione della cultura del circo che culmina con la “Giornata Mondiale del Circo” che viene fissata il terzo sabato di aprile di ogni anno (la prossima sarà la quattordicesima) e che vede iniziative in ogni angolo del pianeta da parte di scuole, circhi, singoli artisti per richiamare l’attenzione sul valore sociale e culturale dell’arte circense. Altre iniziative particolarmente brillanti sono quelle che prevedono la nomina di un Circus ambassador per meriti acquisiti sul campo ogni anno e l’attribuzione del Big Top Label – una sorta di “stella Michelin”da parte di una commissione indipendente che opera in incognito alle imprese circensi capaci di offrire standard di qualità complessivi particolarmente elevati. Per quanto vi siano ancora delle resistenze da parte di alcuni settori del variegato universo circense che faticano ad intravvedere un’utilità, seppur indiretta, nell’appartenenza alle realtà associative non vi sono dubbi che nel mondo globalizzato di oggi fare opera di lobbismo sia l’unica strada per mantenere vitale e tutelare l’arte circense.